Hace mucho frío cuando Artaud el Muerde Muertos es quien sopla | Manifiesto Artaud de Todo

La masacre | Le Monde Diplomatic (Italia)

Reseña de La masacre de Enrique Medina (Muerde Muertos) | Por Diego Kenis para Le Monde diplomatique | diegojkenis@gmail.com | Enero de 2025 



Enrique Medina, una delle voci migliori e più originali della narrativa argentina, ebbe ottenuto il riconoscimento nazionale con il suo primo romanzo. Las tumbas, cruda storia degli istituti minorili, fu pubblicata nel 1972. Da allora non ha smesso di essere ripubblicata, in Argentina e all’estero. Tuttavia, Medina, autore di dozzine di libri di romanzi, racconti, cronache e saggi, sostiene che la sua opera migliore è El escritor, el amor y la muerte. Apparso originariamente nel 1999, il romanzo fu un altro colpo dirompente del secolo che se ne andava: un uomo comune che mette su famiglia e sale i gradini di una vita ordinaria. Da quel punto di partenza, Medina percorre sentieri che lo portano nel sottosuolo dell’animo umano, dove la vita si trasforma in un inferno. La scrittura emerge lì come una compagnia liberatrice e chiarificatrice. E, alla fine, forse, autoindulgente. Leggere il vecchio libro —ripubblicato nel 2019— vale di per sé la pena. Ma per aprire l’estate argentina, Medina porta una sorpresa: presenta una sceneggiatura cinematografica, liberamente adattata, sull’opera: la intitola La masacre. Aspettiamo che abbia, tra i suoi lettori, produttori cinematografici con un occhio esigente e buon senso, che ne vedano il potenziale. Medina non è nuovo a questo genere. Due dei suoi libri sono diventati film: Las tumbas (1991, regia di Javier Torre) e Perros de la noche (1986, Teo Kofman). Nel secondo ha collaborato attivamente, non solo all’idea originale ma anche allo sviluppo della sceneggiatura e allo stretto rapporto di lavoro con il regista. Medina, inoltre, è autore di un’opera quasi introvabile: si intitola Pelusa, rumbo al sol. Fu pubblicato nel 1976, anno dell’inizio dell’ultima dittatura argentina. Quella laboriosa perizia può essere letta ne La masacre, dove lo scrittore celebra un quarto di secolo dalla comparsa del romanzo originale. Medina brilla nella selezione dei dialoghi e trasforma efficacemente la sua voce narrante negli elementi che la rendono teatrale e cinematografica: la conversione di quel registro in inquadrature, messa in scena e —in particolare— dialoghi dei personaggi (mai un compito semplice). L’esperienza di Medina come scrittore e sceneggiatore non è l’unico elemento che contribuisce a rendere La masacre un buon prodotto. Tra i tanti lavori che il nuovo scrittore svolse prima della definitiva consacrazione letteraria (e della successiva censura, quando arrivò il terrorismo di Stato) c’è quello di cameraman per i grandi programmi televisivi dell’epoca in Argentina. Questo gli ha permesso non solo di incontrare volti noti, ma di osservare, senza intermediari, il mestiere e i criteri con cui lavoravano presentatori e registi televisivi. Non si tratta di un apprendimento da poco, se la sfida attuale è trasferire le narrazioni tipiche di un romanzo sulle pagine che attendono lo schermo. Soprattutto quando le trame e i personaggi di Medina spesso attraversano percorsi complessi della nostra stessa umanità. Il cinema di oggi però è troppo abituato a esplorare le superfici. L’arrivo de La masacre nelle librerie ci offre l’occasione unica di schematizzare nella lettura le inquadrature e le espressioni che vengono indicate o che meglio si adattano al momento che i personaggi stanno attraversando. Lo scenario mentale che solitamente creiamo durante la lettura di una storia, in questo caso ha un altro veicolo. Altre regole e strumenti. Oltre a questo divertimento, il confronto tra questa sceneggiatura e il libro originale ci permette di scoprire gli ingranaggi del lavoro di uno scrittore, le sue alchimie segrete e gli strumenti per convertire la propria storia in dialoghi e progetti per il vecchio e amato schermo cinematografico.